Pillole di Storia fidardense

a cura del Dott. Renzo Bislani

28/03/1549 – CHI È MORTU? …NISCIU’, UN CUNTADI’!

 

Una volta, e non molto tempo fa, quando si sentivano le campane suonare a morto, la gente si interrogava curiosa. “Chi è mortu?” La risposta era precisa e circostanziata: “E’ morta quella pora Terè de Tigà de Maricò de la Cummare… sscì la Tigherina, la fiija de Peppe il sordo, il calzolaro, che staceva suppe via Erta. E’ morta iere. Quantu ha tribbulatu! Tra domande e risposte la conversazione proseguiva mettendo in mostra della defunta vita, morte e miracoli o meglio “il pento e il cacato”. Se però a tirare l’ultimo respiro non era un paesano, allora alla domanda fatidica: “Chi è mortu?” La risposta era una sola: “Nisciù un cuntadì!”.

In effetti in paese si conoscevano tutti e non erano tanti, forse due o tre cento. A questi c’era da aggiungere un numero doppio di campagnoli. E’ vero anche che il vergaro e la vergara erano noti per i loro frequenti contatti con il paese così anche una buona parte dei giovani che guidavano i birocci con l’uva o si portavano entro le mura la domenica o il giorno di fiera e di mercato e vestiti a festa, frequentavano le cantine e assistevano alla Messa Cantata. Purtroppo però “puoi stare cent’anni sotto un camì, puzzi sempre de cuntadì!”. Era il caratteristico odore di stalla che li distingueva e perseguitava dovunque. Ma la distinzione vera che spaccava in due la gente in ricchi e in poveri era la miseria, a volte “più nera”.

Si legge nei verbali del Consiglio alla data del 28 marzo del 1549: “…per togliere ogni ambizione del volgo che è nata sul suono di tutte le campane e affinché il contadino sia diverso dal cittadino, si vuole nel funerale di detti cittadini che siano suonate le campane “a tocchi”, di due chiese e cioè della parrocchia e della chiesa nella quale il corpo è sepolto”. Tre giorni dopo il Consiglio Comunale di Castelfidardo per chi cercava di fare il furbo ribadisce e sancisce: “Le campane delle chiese non devono suonare se il corpo del morto non viene in esse seppellito (si parla di tocchi) sotto pena di cinque scudi d’oro. Se i sacerdoti non ubbidiscono si ricorrerà al superiore”. 

Eppure alcuni, e non pochi, contravvenirono all’ordine e fecero suonare tutte le campane tirando fuori dal mattone del pavimento e utilizzando il gruzzolo a ciò predestinato messo da parte con tanti sacrifici. Deve essere stato bello volare in Paradiso storditi dai “rintocchi” diffusi da tutti i campanili delle chiese (ed erano tante a Castello) che tutti insieme in concerto sembravano suonare.. “a festa”.

Dott. Renzo Bislani